domande e risposte

In questa rubrica vogliamo riportare una selezione di quattro interessanti quesiti ricevuti dai nostri visitatori sul web

 

PLUSVALENZA

 

A settembre 2003 ho sottoscritto azioni pari al 10% di una SpA per un importo pari a euro 12.000

A gennaio 2005 la società ha effettuato un aumento gratuito di capitale da 120.000 (capitale originario) a 500.000.

Mi accingo a vendere la mia quota di azioni per un valore pari a 50.000.

La suddetta transazione è soggetta a plusvalenza? se si, qual è la base imponibile?”

 

Nel caso di cessione di partecipazione NON qualificata da parte di persona fisica non imprenditore, la plusvalenza che si genera è tassata con l'applicazione di un imposta sostitutiva del 26 %.
La plusvalenza risultante dalla cessione si ottiene dalla differenza tra il corrispettivo incassato e il costo di acquisto della partecipazione.
In caso di aumento gratuito di capitale il costo della partecipazione è dato dal prezzo originariamente pagato diviso per il numero complessivo dei titoli, compresi quelli ricevuti a titolo gratuito.

 

 

PARTECIPAZIONE AZIENDALE NON ALIENATA

 

“Mia zia, deceduta due anni fa, ha pagato 50.000 di imposta sostitutiva per una rivalutazione di partecipazioni aziendali nel 2010, 2011, 2012 (ossia in tre rate). Poiché la partecipazione non è stata mai alienata, i figli possono richiedere il rimborso dell'imposta versata dato il decesso della madre?”

 

L'imposta sostitutiva per la rivalutazione delle partecipazioni è, per sua natura, un'imposta volontaria, il cui obbligo sorge a seguito di una richiesta espressa del contribuente e, proprio per questo motivo, l'amministrazione finanziaria la considera generalmente non rimborsabile, anche nel caso in cui il richiedente sia l'erede.

C'è comunque da dire che la giurisprudenza si è espressa con pareri discordanti, dando in alcuni casi ragione al contribuente, in altri invece ragione all'amministrazione finanziaria.

Nel caso specifico sarebbe necessario che un consulente visionasse tutti i documenti relativi, per vagliare la fattibilità nel ricorrere alle vie legali o ai mezzi leciti per recuperare quanto pagato da sua zia.

 

 

FESTIVITÀ DURANTE IL CONGEDO PARENTALE E DURANTE LA MALATTIA

 

“Durante il periodo del congedo di maternità o congedo parentale, in caso di festività cadenti in detto periodo, il datore di lavoro deve integrare l’indennità posta a carico dell’INPS al fine di raggiungere complessivamente il 100% della quota giornaliera della retribuzione di fatto.

Mentre per la festività cadenti durante la malattia? il datore quanto deve integrare?”

 

L'INPS durante i periodi di malattia e di maternità non paga le festività.
E' il datore di lavoro che paga in maniera distinta la festività come se il dipendente fosse in servizio.
es.
Se il congedo di maternità o il periodo di malattia, cade durante il mese di novembre (faccio riferimento al 2015), la maternità/malattia seguirà la sua percentuale di retribuzione prevista dall'INPS, ma il datore di lavoro dovrà pagare l'ex festività e il primo novembre in quanto festività coincidente di domenica.
Sono due situazioni differenti.

 

 

FORMAZIONE OLTRE L’ORARIO DI LAVORO

 

“La mia azienda ha tenuto dei corsi di formazione sulla legge anticorruzione 33/2013.

Il corso di formazione è durato oltre il mio orario di lavoro.

Io so che i corsi sulla salute e la sicurezza eccedenti l'orario di lavoro vanno retribuiti, stesso discorso anche per la legge anti-corruzione?”

 

l Ministero del Lavoro - Direzione generale per l’Attività Ispettiva, rispondendo a una richiesta di Confindustria in materia di obblighi di formazione in materia di sicurezza sul lavoro e lavoratori sospesi dall’attività lavorativa, ha sottolineato che il Legislatore, prevedendo che la formazione deve avvenire durante l’orario di lavoro, ha inteso precisare che la formazione in materia di salute e sicurezza, essendo finalizzata all’attività lavorativa, non può avvenire al di fuori dell’orario di lavoro per non andare ad intaccare quel “tempo libero” che deve rimanere a disposizione del lavoratore” (Interpello n. 16 del 22/03/2013).

Si ritiene, pertanto, che se l'orario di lavoro si allunga per via di un corso di formazione per voi obbligatorio, sulla base dei principi della correttezza e buona fede, al lavoratore spetta, per le ore di partecipazione al corso, una remunerazione oppure un periodo di riposo compensativo.

Poiché, tuttavia, non si tratta di ore nelle quali il dipendente svolge una prestazione lavorativa, si ritiene che, qualora l’azienda decidesse di corrispondere una remunerazione economica, non spetti al lavoratore la maggiorazione per lavoro straordinario.

Concludendo, l'azienda può far recuperare le ore in più di lavoro dovute alla formazione oppure remunerarle.

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